WOLF’S LAIR – QUINTA TAPPA
TAPPA 5
Mercoledì 15.07.2020, Jovana – Rifugio Silone (Pescina), 81 km + 1.300m
“Quante gocce di rugiada intorno a me
Cerco il sole, ma non c’è
Dorme ancora la campagna, forse no
È sveglia, mi guarda, non so”
Ci si sveglia così. Quasi monaci benedettini in un antico monastero appenninico.
In realtà alle due di notte nessuno si è alzato dai caldi giacigli per recitare il mattutino, ma questa agricola isola verde nascosta tra le alte montagne che ci circondano sembra veramente molto, molto lontana dalle nostre abitudini che, seppur a volte rinvigorite dalle nostre passioni per l’outdoor, rimangono inevitabilmente invischiate nell’infermabile vortice costituito dal mondo oramai globalizzato nel quale siamo costretti a vivere ogni giorno.
I ritmi qui sono altri: l’aratura, la semina, la mungitura, i raccolti … oh, non penserete mica che si batta la fiacca? Antonietta ed il figlio Liborio (con tutta la famiglia) si fanno un mazzo cotanto per tirare avanti l’azienda, ma so’ romani… c’hanno le ridotte! E quel che non si fa oggi può aspettare il domani.
Noi no, oggi un altro tappone lungo e dislivelloso. Fatta una robusta colazione (con come chicca una terrina di ricotta che sembra panna montata, immagino munta poche ore prima), si riparte verso l’alto.
Con la scusa dello sterroso sterrato affrontato ieri sera dalla Sibilla in discesa riesco ad evitare i primi 6 km di salita fino all’asfalto della statale che sale da Scanno!
In effetti la strada bianca è un po’ rupestre, ma il Waterbike van si beve ogni asperità come un camion del deserto e senza fatica raggiungo il bitume dove concludo il capitolo partenza “plaisir” con una generosa rollata di tabacco.
Non si vede una nuvola il meteo è spettacolare.
Come da accordi Decibel* riprende il furgone, ci aspetterà a Villetta Barrea a circa 20 km di distanza.
Noi altri raggiungiamo facilmente il passo Godi, immersi in varie tonalità di verde con un cielo così nitido che ci sembra di avere le pupille quasi polarizzate.
Ritenuto l’effetto moka di Jovana evanescente ci regaliamo un superbo espresso al Bar del Passo e quindi ci lanciamo entusiasti nella lunga discesa verso il lago di Barrea.
Mentre usciamo dal Parco della Maiella ed entriamo nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, notiamo un Gomer mai in pace con se stesso che si distrae cercando sul GPS single track sterrati verso il lago dimenticando alla fine di indossare il casco! Nel frattempo Bogotà, la Sibilla e l’Oracolone sono già in fuga, inventandosi a volte fantasiose posizioni aerodinamiche per sfrecciare come missili attratti dalla semplice forza di gravità (che bello!).
Villetta Barrea è la classica località turistica, arricchita dalle turchesi acque dell’omonimo bacino lacustre.
Bogotà passa alla guida del furgone verso Pescasseroli da cui rientrerà a ritroso sui pedalanti.
Noi passiamo il ponte e ci inerpichiamo verso la piccola Civitella Alfedena, bellissimo borgo nei pressi del quale speriamo di intravvedere qualche predatore nella grande area recintata (4 ha) dove vivono in cattività alcuni lupi marsicani. Immagino un’area gestita in modo simile a Kuterevo (HR) con gli orsetti dalmati, e cioè con ospiti animali non più in grado di vivere in modo autonomo nei boschi, ma rimane soltanto un’immagine immaginaria… il tempo stringe e nessun lupacchiotto viene a salutare il passaggio dei sudati pedalanti.
Si prosegue a lungo in una fitta ma piacevole boscaglia lungo un sentiero sempre pedalabile a tratti interrotto da piccoli guadi quasi sempre asciutti, dalle relazioni questo tratto spesso è ridotto ad una fangaia ma evidentemente in piena estate è più facile trovare un fondo ideale.
Siamo all’interno della riserva naturale de La Camosciara, un bellissimo anfiteatro verde tra le bianche rocce calcaree dove si passa dal ristoro agrituristico da mille persone nei pressi del fiume Sangro con trenini elettrici per dislocare i turisti a zone di riserva integrale dove gli accessi sono del tutto o in parte vietati.
Poco prima di giungere nella parte dove scorrono i trenini zeppi di turisti mascherati incontriamo Bogotà che si è pedalato a ritroso la venticinquina di km che ora ci separa da Pescasseroli.
Riusciamo per un attimo anche a disperderci! Non nelle ombrose pinete che attraversiamo ma proprio in corrispondenza del caravanserraglio creato dai tanti turisti nei pressi della sede del Parco. Grazie al telefonino in un attimo ci si ritrova all’uscita/ingresso e via! In fuga dal classico assembramento indesiderato anche se i profumi provenienti dalle numerose griglie ci ricordano che l’ora di pranzo è vicina.
Dalla riserva La Camosciara il tragitto segue la statale marsicana che costeggia il fiume Sangro; una strada abbastanza trafficata che in pratica collega alcune delle principali valli appenniniche alla piana del Fucino che oggi quasi costeggeremo prima di arrivare alla meta.
La realtà è che basta fare un paio di chilometri dai borghi o dalle località che attirano i turisti come carta moschicida che ci si ritrova nel silenzio e nella quiete. Il traffico commerciale oramai segue per lo più la fitta rete stradale ad alta velocità e qui nei boschi è sufficiente fare attenzione a qualche raro trattore o al classico corriere solitario costretto a percorrere le strade più impervie per consegnare a domicilio.
Sotto l’aereo paese di Opi, eretto su una stretta dorsale che in certi punti è assottigliata come una cresta dolomitica, sostiamo per un leggero pranzetto, informati da Bogotà che Pescasseroli è un altro centro invaso da turisti modello “LIBERATUTTI” che riteniamo preferibile evitare.
Quando la raggiungiamo verso le 14:00 il mercato settimanale è già terminato ed evidentemente le orde di orchetti sono intente a gozzovigliare, perciò recuperiamo il van e proseguiamo indisturbati.
La Sibilla lamenta una cattiva digestione, anche se a pranzo ha bevuto solo una coca cola per non appesantirsi, chissà forse sarà il chilo di ricotta ingurgitato a colazione… ma insomma non ci può mica essere solo l’Oracolo a lamentarsi sempre di disturbi (che vi giuro non sono immaginari!) per potersi comodamente mettere a sedere alla guida del furgone!
Si riparte su bitume sempre sulla SS83 Marsicana verso il passo del Diavolo, ma in questo caso solo il nome evoca salite da tregenda. Pescasseroli si trova a 1.150 m di quota e ne servono solo 250 per giungere allo scollinamento.
In effetti il Diavolo potrebbe farsi vedere da chi sale dall’altro versante: dalla Circumfucense che fa il periplo della piana del Fucino sono 700 i metri di dislivello fino al valico, ma comunque distribuiti su una ventina di chilometri.
In ogni caso noi scendiamo velocemente sotto qualche rara gocciolona di pioggia e poco dopo aver superato Gioia Vecchio arriviamo al bivio per Sperone (1.200 m slm).
Diversi temporali si stanno abbattendo nell’enorme calderone circondato dagli alti colli, dall’alto del nostro belvedere osserviamo privilegiati lo spettacolo della natura. L’enorme piana che si vede solo in parte ricorda tanto i polje carsici del nostro vicino carso sloveno.
Con il maltempo alle spalle non abbiamo tempo da perdere, i piani prevedevano di lasciare qui il furgone e proseguire tutti e cinque verso il borgo abbandonato, ma visto anche il temporale che si sta abbattendo sulla sottostante piana del Fucino decido di provare a seguire la sterrata con il furgone.
Fino al borgo giungerò senza problemi, ma da lì proseguire è un azzardo senza un fuoristrada e quindi sarò costretto a fare dietrofront per scendere a Gioia dei Marsi e quindi a Pescina da dove risalirò al rifugio Silone.
Il rifugio dedicato al pescinese Ignazio Silone,
(non è questo né il luogo né il momento per soffermarsi sul noto scrittore, giornalista, politico, drammaturgo, saggista nato a Pescina nel 1900 e autore tra l’altro di Fontamara… e io sono la persona meno adatta a riassumere (!) in modo corretto l’importanza della sua figura, ma dopo aver riletto Fontamara al rientro dall’Abruzzo, devo in qualche modo esprimervi, in modo assolutamente superficiale, le impressioni che ho percepito da questo personaggio che, grazie alle sue indubbie capacità divulgative, ha prima lottato contro il fascismo per poi nel dopoguerra fare altrettanto contro l’altra faccia della stessa medaglia: il comunismo seppur nelle sue derive staliniane, e proprio per questo motivo è stato sempre osteggiato in Italia almeno fino a quando era in vita mentre all’estero fin dalle sue prime opere aveva già raggiunto una certa notorietà. Di certo non mi ricorda gli attuali personaggi politici a cui siamo abituati. Non quindi un’opportunista che cambia casacca ad ogni cambio di vento, ma un uomo in grado di opporsi fermamente ad entrambi gli estremi di ogni soluzione quando in primis vi è la sofferenza, la vita grama della povera gente. Questa sì è al centro del suo obiettivo, perché in quanto debole sempre e comunque vittima di chi la amministra e dirige, a prescindere da colori politici).
il rifugio dicevo, scoperto in rete durante la lunga ricerca dei punti tappa, è in realtà un ex poligono di tiro al piattello. Come nel caso dell’Ostello Campo Base Corvo giungiamo in un’altra struttura pubblica abbandonata ora gestita da privati sognatori.
Ci accoglie Daniele, climber abruzzese, che oltre al suo lavoro principale ha l’hobby del teatro e con la sua compagnia ha deciso di creare una sorta di centro culturale aperto ai foresti di passaggio ma prima ancora un centro di aggregazione per i giovani del posto.
Mi sembra quasi di essere ad un likoff speleo mentre discutiamo con questo gruppetto di trentenni pieni di entusiasmo e determinazione.
Partiamo dal nostro giro in bicicletta per cercare di conoscere il loro territorio che stiamo velocemente attraversando, la pandemia, i ritmi vorticosi del mondo di oggi, i giovani che ritornano ad attività agricole oramai abbandonate, e come per dimostrare le loro capacità ecco spuntare le patate di montagna di Tizio, poi gli arrosticini di Caio, il tutto condito da un vino rosso strepitoso sicuramente di Sempronio ma sempre a KM ZERO, coltivazioni di zafferano, miele, verdure… tutti prodotti di piccole attività imprenditoriali.
Ne uscirà fuori il cenone più significativo dell’intero tour abruzzese, non soltanto per la genuina semplice bontà dei prodotti offerti quanto dal calore e dall’ospitalità che i teatranti di Pescina ci han saputo regalare.
Per farvi comprendere meglio cosa significa sentirsi “a casa”, ma al tempo stesso pensare che a ruoli invertiti forse noi non saremmo ancora all’altezza, devo ricordare che alla fine di un concreto dopocena a base di genziana e di liquerizia, verso la mezzanotte i reduci della compagnia teatrale, dopo averci mostrato come preparare la colazione il giorno dopo, dove prendere il latte, come accendere la macchina del caffè… ci hanno dato la buonanotte chiedendo solo la cortesia di chiudere a chiave al momento della nostra partenza lasciando la chiave nella cassetta delle lettere dato che il giorno dopo dovevano recarsi al lavoro. Lasciandoci in pratica a totale disposizione l’intera struttura con tutto ciò che conteneva.
Una dimostrazione di fiducia non indifferente. Soprattutto per chi pensa che scendendo lo stivale le cose vadano in una certa maniera. Senza pensare che le persone, certe persone, sono speciali a qualsiasi latitudine e che “scendendo” l’ospitalità diventa spesso qualcosa di molto importante.
“Quanto verde tutto intorno e ancor più in là
Sembra quasi un mare l’erba
E leggero il mio pensiero vola e va
Ho quasi paura che si perda”
Qui potete scaricare le tracce di tutte le tappe: TRACCE WOLF’S LAIR
Roberto Gava – Oracolo