WOLF’S LAIR – SECONDA TAPPA

TAPPA 2
Domenica 12.07.2020, Rocca Calascio – Forca di Penne, 63km + 1.400m

 

La notte è trascorsa alla grande. Stelle poche, fauna marsicana zero*.
La vicinanza dell’Aquila equivale ad un inevitabile inquinamento luminoso. Inoltre quando ci risvegliamo siamo completamente avvolti nelle nuvole e la temperatura sembra quasi primaverile. Doppio giro di caffè e siamo pronti a partire. Il furgone tocca alla Sibilla che ci attenderà a Campo Imperatore o più precisamente al ristoro Mucciante posto alle pendici del Monte Camicia (leggi Rigopiano… che si trova sul versante marchigiano).

 

 

Le nubi resistono! Sotto un apprezzato manto protettivo scendiamo verso Calascio e iniziamo poi la lunga ascesa verso Campo Imperatore. Ben presto abbandoniamo l’asfalto che porta a Castel del Monte e saliamo lungo una bucolica valletta carsica. Di acqua però neanche l’ombra. Sarà carsismo glaciale?
Molto probabile. Tutto è contraddistinto da dolci pendii e armoniose curve. Sembra che l’acqua abbia creato il tutto, magari nella sua forma solida, e sia poi scomparsa nel sottosuolo carsico.
Ogni tanto una costruzione, qualche campo coltivato, ma per lo più pascoli, anche se le mandrie di ovini e bovini le troveremo soltanto più in alto, una volta scollinato nei pressi di una presa d’acqua simil bivacco fondazione Berti.

 

 

Incontriamo un tipo strano nei pressi di un abbeveratoio stagnante. Di certo ai suoi occhi non siamo normali neppure noi! In ogni caso mentre scambiamo qualche parola sulle sue attività agricole in Romania (?) l’addestratore di cani da caccia (!) ci avvisa che sta per giungere l’acqua… e con gran stupore il fontanile, emessi un paio di borbottii inizia a versare acqua potabile subito catturata dalle nostre già aride borracce.
Occorre far presto però, dopo un paio di minuti il versamento smette… e si rimane all’asciutto!
L’addestratore non piglia acqua, rimane seduto ad osservare i due cuccioli ingabbiati nel suo Fiorino aperto. Mah! probabilmente sarà una specie di addestramento zen, ci fosse Giandon… forse avremmo potuto capirne di più!

 

 

 

Superati i 1.600 metri di quota si inizia a scendere verso il “catino” di Campo Imperatore.
Walter, Chiara e Andrea si coprono con degli antivento, ma la lunga discesa prevista dal Gomer si interrompe dopo poco più di un chilometro quando ad un successivo fontanile attivo, giungiamo in uno dei tanti polje che compongono l’altipiano di Campo Imperatore.
Il Corno Grande ci saluta mentre passiamo accanto ad una grossa mandria di gigantesche vacche simil chianine che ci occhieggiano con i loro occhioni bidussiani =).
Dirigiamo verso sud est, verso il punto di ritrovo, quando Gomer ha una visione. Lo conosciamo, manco lo ascoltiamo proseguendo indisturbati sull’asfalto. Ma questa volta sembra in delirio. Dice di aver visto una luce… Ci mostra una vallecola sottostante che secondo lui porta verso l’Eden.
Guardiamo lo stretto meandro ghiaioso che si insinua in una classica valle cieca. Non possiamo vedere oltre la prima curva ma sicuramente il tutto finirà in un inghiottitoio. E ci toccherà risalire …
Ma GPS alla mano continua ad urlare imbizzarrito: “Il canyon prosegue! Il canyon attraversa la montagna!
Insomma mica abbiamo le e-bike per risalire, ma seppur riluttanti ci tocca andare.
E questa volta il Gomer ci azzecca! Pur senza nessuna informazione preventiva a riguardo la sua infantile curiosità ci ha concesso di percorrere il famoso Canyon dello Scoppaturo (o della Valianara): un luogo senza dubbio tra i più affascinanti e particolari all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Un luogo unico e senza tempo, non a caso è stato scelto come set naturale di molti film tra cui il più celebre è certamente “Continuavano a Chiamarlo Trinità“.
L’inconveniente, a cercarlo, è che lo stretto e sinuoso canyon, con un fondo per lo più sabbioso, dopo un mezzo chilometro conduce ad una specie di fiumara che nasce dal versante meridionale del Monte Camicia, anch’essa chiusa ai lati da scoscese pareti rocciose. Percorriamo altri 3 chilometri di Far West prima che la valle si apra, ma a quel punto scorgiamo la strada asfaltata un centinaio di metri sopra di noi, con in mezzo ripidi argini erbosi a dissuaderci dal raggiungerla direttamente. Rientreremo sull’asfalto circa 3 chilometri a valle del punto di ritrovo con la Sibilla, ma con le bici è questione di mezzora, e in breve la raggiungiamo.

 

 

Quando lo scorso Natale ero stato qui in perlustrazione, grazie anche all’assenza di innevamento, Campo Imperatore era completamente deserto. Ora la situazione è un po’ diversa… di arrosticini non se ne parla, ci saranno non meno di tremila persone a far la fila accanto ai baracchini!
Per fortuna la Sibilla ha agito per tempo: 5 panini e birra artigianale per tutti! E prontamente si riparte in fuga dalla bolgia dantesca.
La mia schiena si fa sentire malgrado il Voltaren… è ora di riproporsi alla guida! E tutti (più o meno) contenti, ci ritroviamo nei pressi del Rifugio Ricotta dove le strade si dividono; il prossimo rendez-vous è a Forca di Penne a pochi chilometri dalla meta odierna: Campo Base Corvo.
Mentre col furgone seguo stradine asfaltate, i pedalatori troveranno pane per i loro denti. Per lo più il tragitto è in discesa, ma non solo. E spesso le contropendenze, gli alberi caduti o il fondo ricco di profonde buche (si percorre pure una zoccolatissima ippovia), obbligano a scendere dalla bicicletta.
Sotto una leggera pioggerella ci ritroviamo alla Forca, spartiacque tra il versante adriatico e quello tirrenico.
Un’ulteriore cambio di pendenza ci obbliga agli straordinari, anche del furgone che fatica non poco a superare l’ultimo sterrato in salita che conduce alla meta di giornata.
Altro che bottiglie d’acqua… questa sera avremo docce a volontà!
In realtà l’appartamento rusticano dispone soltanto di una scivolosa mezza vasca, e delle otto docce nei bagni del sottostante campeggio deserto ne funziona solo una!
Altre volate a sportellate ci attendono per l’uso dell’unico bagno, con il Gomer che quando non “vince” permane stabilmente fuori dalla porta battendo ritmicamente il piede a terra per render nota la sua lunga attesa!

Che stress amicici! Ci pensa la Angela, pescarese da anni rifugiata in quest’oasi verde a ripianare ogni tensione. Assieme al marito lotta da anni contro i mulini a vento per mandar avanti una struttura semi-fatiscente di cui ha solo la gestione, con il comune che non ha fondi per pavimentare i due ultimi chilometri di strada che garantirebbero qualche maggior entrata e con i terremoti, vedi l’ultimo, che gli ha reso inagibile l’abitazione a pochi chilometri di distanza.
La gentilezza e l’ospitalità ci fanno comunque capire quanta passione investe in questa attività, che anche solo per la ripidità del pendio sul quale sono disposti i pastini della struttura non può e mai potrebbe consistere in una semplice passeggiata.

 

 

Qui potete scaricare le tracce di tutte le tappe: TRACCE WOLF’S LAIR

 

Roberto Gava – Oracolo

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